Rewind - Estratto da “Ti stappo gli occhi” di Valeria Cipolli

Rewind

E mi riavvolgo
come nastro fetale.
Torno al mio nocciolo
sotto la polpa dei fronzoli.
Torno al guscio,
all’essenziale.
Mi rimetto la coda
riposta nelle tane,
e dai templi
mi riprendo gli antenati,
le viscere tutte
e le radici.
Srotolo il cervello limbico,
accartocciato
nella cesta del ventre,
con le mani di corda tribali
avvolte
nell’arte paziente dell’intreccio,
che rotea ai polsi
dei cicli naturali.
Mi rinfilo l’ombra degli sciamani,
coprendomi col fiuto degli animali.
E innaffio i miti
seminati nei pori aperti della terra.
Siamo tutti un po’ disumani
finché non perdiamo qualcosa.
Ogni volta che gli occhi
mi vanno in frantumi,
e le domande si inginocchiano ai pronomi,
raccolgo
vetrini di vista
e paradossi schizzati qua e là
e mi estraggo dal corpo
per compensazione.
Mi concentro
come decotto antico,
fino a diventar pozione umana.
Mi rannicchio
fino a star tutta in un gomitolo
di evoluzione,
e torno
a me stessa
così filogeneticamente,
che quando ci rincontreremo
saprò guardarti
senza averti visto per niente.